In quel tempo i farisei tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
UOMINI DI DIO PER COSTRUIRE LA CITTÀ DEGLI UOMINI
Il Vangelo di questa domenica ci fa entrare ancora nel clima delle controversie tra Gesù e i suoi avversari: farisei ed erodiani. A differenza di altri contesti nei quali Gesù veniva messo in difficoltà su questioni religiose, questo brano rivela una controversia di carattere tipicamente politico. Sappiamo bene che la Palestina era gravata da un sistema fiscale imposto dall’impero romano, ed era obbligo pagare una serie di tributi su terreni, edifici, ma anche sulla ricchezza personale. Inoltre vie erano altre tasse a carattere religioso: la decima e la tassa per il tempio. La situazione socio politica era davvero delicata e difficile, tanto che viene posto il problema a Gesù: “E’ lecito o no pagare il tributo a Cesare?”. Gesù conosceva bene la
situazione ma anche la tipologia dei suoi interlocutori, e con saggezza, chiede che gli venga mostrata una moneta, e dinanzi ad essa domanda loro di chi fosse l’iscrizione. La risposta fu chiara così come l’indicazione che Gesù consegna: “Rendete, dunque, a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. La risposta di Gesù poteva andare a favore di Cesare o contro, ma Lui, confermando la necessità di pagare il tributo a Cesare, ha anche dichiarato la necessità e il dovere di rendere il tributo anche a Dio. Siamo invitati a riconoscere il grande e fondamentale valore dell’affermazione di Gesù. Il nostro vivere ha necessità di rapportarsi a Dio e anche alla vita sociale e al nostro abitare un territorio e condividere con altri fratelli i
beni di questa terra. Risulta fondamentale per noi, riconoscere il primato assoluto di Dio, su tutto e su tutti, e di conseguenza scopriamo il valore di tutto il resto che chiede rispetto, ma anche collaborazione per essere gestito, ossia le tasse. Il Vangelo non vuole porre in contrapposizione la vita spirituale e il regno di Dio, con la vita degli uomini con le loro leggi, ma aiutarci a comprendere che è proprio il nostro essere credenti a motivare il nostro impegno attivo nella società e nei nostri territori, per costruire il bene comune e in particolare difendere i poveri e coloro che hanno bisogno non di elemosina ma di impegno concreto e costruttivo che nasce e si sviluppa nell’amore per l’uomo e nell’impegno per la “cosa pubblica”. Se il tributo a Dio, è la nostra vita di fede da coltivare attraverso la partecipazione alla vita della Chiesa, il tributo a Cesare diventa il nostro impegno nella società e il nostro lavorare per la città degli uomini. Quanto più siamo e viviamo da credenti, tanto più abbiamo il dovere di lavorare per il bene di tutti.
Fr Giuseppe Piga