Natale del Signore
La liturgia del Natale, nei vari brani evangelici proposti per la messa della notte, dell’aurora e del giorno, ci presenta l’evento mirabile della nascita di Cristo Salvatore, dalla Beata vergine Maria; La visita dei pastori alla grotta di Betlemme, e infine la certezza che il bambino nato per noi è il Verbo della vita.“Maria diede alla luce il suo Figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.”Ci viene presentato il grande evento del Natale di Gesù, un evento all’insegna della povertà e della essenzialità: Dio sceglie la nostra condizione umana, eccetto il peccato, e fa sua la nostra povertà. Anche la comunicazione, annunzio della nascita di Gesù, non viene data ai grandi e ai potenti, ma ai pastori, ai semplici e ai poveri, perché fossero loro i primi ad andare, a vedere, contemplare e credere alla presenza di Dio che si rende uomo in quel piccolo bimbo bisognoso di cure e di attenzione.Comprendiamo il Mistero di Dio a partire dalla logica della piccolezza, dell’abbassamento, del prendere la nostra natura ed assumere il nostro linguaggio. Lui, nascendo tra noi, ha portato la luce della sua presenza, ha consegnato al mondo avvolto nelle tenebre una speranza nuova e ha indicato una via da percorrere.I pastori, dopo l’annunzio degli angeli, si recano “senza indugio”a Betlemme e “trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia” e tornarono ai loro luoghi lodando Dio e riferendo la gioia di quanto visto e udito. Pensando al nostro modo di vivere il natale, legato al consumismo e alle luci e colori, ma spesso non sostenuto dalla fede, ci sconvolge positivamente il modo di accogliere l’annunzio da parte dei pastori: senza indugio!Come fece Maria nell’Annunciazione, così fanno i pastori. La notizia di Dio che si fa carne, che viene a vivere tra di noi e che nasce in una mangiatoia, è un messaggio, una lieta notizia da accogliere con fede e senza titubanza. I pastori annunziano, comunicano la nascita di Gesù, mentre Maria ascolta, osserva, medita parole e fatti rispetto a quanto avvenuto, e come sappiamo, diverrà lei stessa discepola attenta del suo figlio. E questo bimbo, come l’evangelista Giovanni dirà nel suo prologo del vangelo, è il Verbo di Dio che si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Lui, il Signore della vita chiede di essere accolto e comunicato agli altri. Lui è la luce che vince le tenebre, eppure il mondo non lo ha riconosciuto. “Venne fra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto”.Nella sua recente lettera da Greccio, “AdmirabileSignum”, Papa Francesco ci invita a contemplare il mistero dell’Incarnazione e vivere nello stupore per quanto avviene: “«Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Lc 2,15): così dicono i pastori dopo l’annuncio fatto dagli angeli. È un insegnamento molto bello che ci proviene nella semplicità della descrizione. A differenza di tanta gente intenta a fare mille altre cose, i pastori diventano i primi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che viene donata. Sono i più umili e i più poveri che sanno accogliere l’avvenimento dell’Incarnazione. A Dio che ci viene incontro nel Bambino Gesù, i pastori rispondono mettendosi in cammino verso di Lui, per un incontro di amore e di grato stupore. È proprio questo incontro tra Dio e i suoi figli, grazie a Gesù, a dar vita alla nostra religione, a costituire la sua singolare bellezza, che traspare in modo particolare nel presepe.Il modo di agire di Dio quasi tramortisce, perché sembra impossibile che Egli rinunci alla sua gloria per farsi uomo come noi…. Dunque il presepe, mentre ci mostra Dio così come è entrato nel mondo, ci provoca a pensare alla nostra vita inserita in quella di Dio; invita a diventare suoi discepoli se si vuole raggiungere il senso ultimo della vita”. Chiediamo al Signore la capacità di stupirci dinanzi al mistero dell’Incarnazione, ma anche davanti ad ogni povero e sofferente, che nella povertà e precarietà e sofferenza, manifesta il mistero di Dio che si fa piccolo e povero per condividere le nostre povertà.