Migliorano le condizioni del Sud del mondo
“Per la prima volta da secoli, il Sud sta guidando la crescita economica globale e il cambiamento delle società”. E’ quanto si legge nel rapporto 2013 del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp). Nel rapporto si spiega come oltre 40 nazioni del Sud del mondo abbiano registrato, dal 1990 al 2012, incrementi superiori alle previsioni del proprio l’Indice di Sviluppo Umano, Isu, determinato dal livello di scolarizzazione, reddito pro-capite e aspettativa di vita. Dei dati sulle dinamiche di crescita Fausta Speranza ha parlato con Antonio Vigilante dell’ufficio di Bruxelles del Programma Onu per lo sviluppo umano:
R. – In 20 anni l’India e la Cina hanno raddoppiato il reddito procapite della popolazione. Per un raddoppio simile ha ‘preso’ 150 anni nel caso della rivoluzione industriale europea. E 500 milioni di cinesi non vivono più in estrema povertà. E’ fenomenale la crescita anche della classe media, ma la cosa importante è che non parliamo solo di India e Cina ma di una ventina di Paesi che hanno fatto progressi straordinari negli ultimi 20 anni in termini di sviluppo umano. E non parliamo solo di reddito, ma parliamo anche di accesso ai servizi di base, sanità, educazione…
D. – Nominiamo qualche Paese?
R . – Ce ne sono tanti che partono, peraltro, da condizioni molto diverse tra di loro:dalla Corea al Cile, dal Messico alle Mauritius, dal Brasile alla Turchia. Thailandia, Tunisia, Indonesia, Vietnam, ma anche in Africa, Ghana, Uganda, Ruanda, poi in Asia, Bangladesh, Laos… In sostanza, il rapporto porta buone notizie, il mondo sta diventando meno diseguale.
D. – Parliamo di un mondo un po’ meno diseguale ma all’interno dei Paesi non rimane forte la diseguaglianza tra ricchi e poveri?
R. – Sì, in effetti, stanno diminuendo i divari in termini di educazione e di sanità, non così il divario di reddito. All’interno dei Paesi la situazione è composita. Sappiamo che la povertà diminuisce più rapidamente quanto minore è la diseguaglianza interna in un Paese. In questi Paesi che hanno fatto grandi progressi la situazione non è omogenea. Ci sono Paesi che sono a bassa diseguaglianza e Paesi, come la Cina, che hanno fatto grandi progressi, nonostante tutto, anche nello sconfiggere la povertà ma in cui la diseguaglianza interna in termini di reddito aumenta. Quindi non esiste una correlazione diretta per cui in tutti i Paesi possiamo dire che con il progresso aumenta la diseguaglianza. Non è vero nemmeno questo. Però sappiamo bene che, per sconfiggere la povertà, è molto meglio avere meno diseguaglianze. Le politiche di equità sono fondamentali.
D. – Persistono però situazioni inaccettabili da denunciare a livello mondiale?
R . – Restano ancora intollerabili differenze, scarti abissali. Ne cito qualcuno. Fra il Giappone e la Sierra Leone, per esempio, in termini di aspettativa di vita, ci sono ben 35 anni di differenza: una persona che nasce in Sierra Leone oggi può aspettarsi di vivere 35 anni meno di un giapponese. Nel caso del reddito, la Norvegia ha 150 volte il reddito procapite, a parità di potere d’acquisto, della Repubblica Democratica del Congo. Negli anni di scolarità, uno studente mozambicano va a scuola 12 anni in meno degli Stati Uniti. Ci sono differenze, secondo me, intollerabili dal punto di vista della giustizia sociale e dell’equità globale. Però bisogna dire che questo divario è in diminuzione. Quest’anno nel rapporto sullo sviluppo umano, dalla “classifica”, risulta ancora prima la Norvegia, seguita dall’Australia e dagli Stati Uniti e dall’Olanda. L’Italia è al 25.mo posto. Gli ultimi, purtroppo, sono tutti Paesi africani. Gli ultimi cinque sono Burkina Faso, Chad, Mozambico, Congo e Niger.
Tratto da Radio Vaticana